Connect with us

Dichiarazioni

Maldini: «Il presente lo sto vivendo bene. Sarò sempre riconoscente al Milan»

Maldini-Milan, le parole dell’ex rossonero

Intervenuto ai microfoni di “Radio Serie A“, Paolo Maldini, leggenda ed ex dirigente sportivo del Milan, affronta e parla di diverse tematiche. Di seguito, le sue affermazioni:

«Il mio presente? Lo sto vivendo bene, dopo 5 anni intensi. Lo sto vivendo come dopo il mio ritiro, poi ho iniziato l’avventura con il Milan»

Sulla bacheca in casa: «Ho recentemente allestito nel mio studio a casa un posto dove porre medaglie»

Sulla riconoscenza verso il Milan: «Io sono nato come Paolo, cerco di fare la traiettoria della mia vita. Ho avuto la fortuna di incontrare le persone giuste nella mia carriera. Sarò sempre riconoscente ai miei ambienti, al Milan e alle persone che ho incontrato lì. Anche nell’ultima mia esperienza al Milan non ho finito di imparare. Quando vedi il calcio dall’altra parte, vedi tutto in maniera diversa. Cancellerei le cose che ho detto da calciatore, la visione è limitata. Custode del milanismo? Non lo so. Il calcio e il Milan in particolare mi hanno insegnato i principi. È una cosa che va al di là del risultato, è più importante. Quando si parla di una storia ultracentenaria, va studiata e imparata»

Sul figlio Daniel: «La sua scelta, come quella di Christian, di iniziare a giocare al Milan è stata libera. C’è il papà ingombrante e nei primi anni c’è solo voglia di giocare a calcio. Lui avendo visto me sapeva a cosa sarebbe dovuto andare incontro. Se potessi cancellare questa cosa per dare loro anni più sereni, lo farei. Lo sport è democratico: alla fine va avanti chi ha dei valori»

E’ una responsabilità essere un simbolo per la storia del Milan? «Non sento questa cosa. Certo, quando sei all’interno di una società il ruolo te lo impone. Quando vado in giro mi sento Paolo, non il milanista. Credo che la gente negli anni ti apprezzi come persona, non solo come calciatore. È una questione di disciplina: il calcio – spiega Maldini – ti dovrebbe insegnare ciò, capire chi vuoi essere»

Quando il milanismo si è impossessato di te? «A me piaceva il calcio, sapevo del passato di mio papà, essendo tifoso in generale amavo la nazionale e avevo visto il Mondiale del ’78 che era la Juventus in sostanza. Mi sono appassionato a quella storia. Ho seguito la Juventus come se fosse la nazionale, ma nel ’78 ho fatto il provino al Milan e le cose sono tornate come dovevano essere»

Sul Milan del passato: «Sono stato un ragazzo molto vivace, curioso. In quegli anni si viveva molto per strada e c’erano tanti insegnamenti, innanzitutto avere gli occhi aperti. Era un periodo molto complicato per la storia di Milano, ma se penso alla mia non è la Milano pericolosa della fine degli anni ’70»

Sugli anni ’80: «È stato un bel periodo. Dal punto di vista lavorativo ho raggiunto il mio obiettivo giocando in prima squadra. La combinazione calcio-moda-Milano c’era e ho avuto la fortuna di conoscere Armani, Versace, il presidente Berlusconi che ha dato una svolta a tutte le nostre carriere. Era una Milano bella, si guardava il futuro sorridendo»

La vita a Milano e per i milanesi: «Il milanese si sente perfetto per Milano perché ti lascia libero. Inizi a girarla, non è grande, inizi a scoprirla e ti fa innamorare piano piano. Vedo in Milano tante caratteristiche che sono mie. In cosa siamo simili? La discrezione, il fatto di essere riservato e non far vedere tutto subito. Qui ho trovato la famiglia e la possibilità di giocare nella squadra che aveva le mie stesse ambizioni. La mia vita poteva essere altrove se non fosse arrivato il presidente Berlusconi con la sua ambizione. Zone preferite? Casa (ride, ndr). Mi piace camminare nelle zone di Brera»

Sul provino al Milan: «Si poteva fare solo dopo i 10 anni, mi accompagnò mio padre. Non avevo mai giocato a 11 in un campo regolare, mi chiesero il ruolo e non lo sapevo. Io ho chiesto che ruolo ci fosse a disposizione, mi dissero ala destra e io dissi ok. Alla fine – spiega Maldini – un allenatore si avvicinò e mi fece firmare il famoso cartellino che mi legò al Milan per tantissimi anni»

Sul debutto: «Liedholm mi ha detto: ‘Malda, entri’. Mi chiese se volessi giocare a destra o sinistra e io risposi: ‘Come vuole lei’. Ci penso ogni tanto. La ricorrenza del 20 gennaio spesso la fanno vedere, è normale ricordarsela. Sono legato moralmente dentro di me soprattutto alle relazioni con le persone e anche ai momenti. La cosa bella del calcio è che devi condividere con le persone. Liedholm mi ha insegnato a giocare a calcio. Mi disse: ‘Ricordati che ti devi sempre divertire perché il calcio è divertimento’»

Maldini
Segui soloxmilanisti.it su Instagram! Oltre 28mila follower ti aspettano! 🔴⚫️

Sulla vita da calciatore: «È dura fare il calciatore. C’è una competizione pazzesca con gli altri: il 98% fallisce. Ognuno alla propria maniera sa che quella è la passione e gioia. La carriera mi ha tolto qualcosa? Sì, mi ha tolto magari un pezzo di gioventù. Ma si può dire che mi abbia tolto qualcosa? No, lì è iniziata la mia disciplina, il mio sacrificio. Sentirmi realizzato per la cosa che volevo fare è stata la cosa più bella»

Sul tennis: «Finita la carriera, ancora per 3-4 anni sono riuscito a giocare. Poi per me è stato impossibile continuare. Riesco a giocare a tennis, non so perché. Ho giocato – Maldini afferma – un torneo ATP con una wild card: abbiamo perso 6-1 6-1 il doppio. Calciare il pallone mi fa male»

Su Berlusconi: «Ha portato un’idea moderna e visionaria non solo del calcio, ma del mondo in generale. Voleva che la nostra squadra giocasse il miglior calcio del mondo, sia in casa che fuori. Voleva che diventassimo campioni del mondo. La cosa faceva un po’ ridere, ma già dall’anno dopo cambiò tutto: palestra, alimentazione, Milanello, preparatori. Era tutto farina del suo sacco, aveva già immaginato una struttura adatta»

La cosa migliore fatta al Milan da Berlusconi? «A me piaceva molto la sua idea di giocare bene, vincere e rispettare l’avversario. Quando diceva che gli faceva piacere che vinceva l’Inter, lo diceva veramente. Complimentarsi con l’avversario a fine gara – Maldini afferma – era un insegnamento»

Su Sacchi: «Noi ci siamo messi a disposizione, ma fu fisicamente e mentalmente durissimo. Non c’era abbastanza conoscenza dal punto di vista fisico. Io credo di essere andato in over-training per più mesi. Avevamo alti e bassi all’inizio. La diffidenza era dovuta da un adattamento al lavoro fisico»

Su Capello: «Capello era un uomo di campo. Ti diceva tantissime cose, era una persona molto pratica. Ha proseguito il lavoro tattico e fisico di Sacchi. La squadra di quegli anni fu in assoluto la squadra più forte. Ha aggiunto un minimo di praticità ad un concetto utopistico a volte, come quello di Sacchi. Era la perfetta combinazione. Liedholm, Sacchi, Capello: la fortuna di averli avuto in quest’ordine»

La coppa più bella: «Difficile dirne una. Sono tutte belle, distribuite non nel corso di 3 anni fantastici, ma 20-25 anni. Quella di Manchester arriva 9 anni dopo l’ultima appena alzata. Fu forse – spiega Maldini – quella più ambita perché ero capitano»

Pallone d’Oro mai vinto è un’ingiustizia? «È più una cosa giornalistica. Essendo un premio individuale, non era uno dei miei obiettivi. Per me non certifica che sei il giocatore migliore, per me sono altre cose»

Click to comment

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Advertisement

APPROFONDIMENTI

More in Dichiarazioni

Social media & sharing icons powered by UltimatelySocial