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Dichiarazioni

Bennacer: «Sono felice di essere al Milan. Voglio il pallone d’oro»

Le parole del centrocampista rossonero

Ismael Bennacer, all’interno di Roots, un documentario prodotto dal Milan, ha raccontato la sua storia. Ecco le sue parole:

Sull’infanzia e la giovinezza ad ArlesDove tutto è cominciato, dove tutto è iniziato, dove sono nato, dove ho toccato i miei primi palloni. Qui ho fatto quasi tutto fino ai 17 anni, nel mio quartiere. Quando torno vengo qua e sarà sempre così: i miei genitori non vogliono andare in un’altra casa ed è meglio per me così rimangono tutte le mie cose. Il mio quartiere era tranquillo ma ce ne erano anche di pericolosi, anche oggi: ho visto cose dure e brutte. Volevo giocare con i più grandi: quando arrivavo tutti ridevano, poi vedevano la determinazione che avevo per tutto, non solo per il calcio, e mi hanno subito inserito nel loro gruppo. Questa cosa mi ha fatto crescere di più»

Sul rapporto con il pallone: «Il pallone lo portavo ovunque, veramente: il pallone lo portavo ovunque. A scuola con la mia classe facevo calcio e quindi facevo allenamento con loro; poi facevo allenamento con la squadra ad Arles; dopo tutto quello giocavo a futsal con la gente che vive nel quartiere. Facevo tre allenamenti. Sapevo che se lavoravo più degli altri, era normale che avrei avuto qualcosa di più»

Sulle radici: «Non devo dimenticare da dove vengo, è molto importante per me e per la mia famiglia»

Su Ibrahimovic: «Mai visto un leader così. Abbiamo una relazione un po’ speciale perché mi fa imparare tantissimo: Zlatan lo vedo come un grande fratello, mi consiglia e quando gli scrivo un messaggio è sempre disponibile»

Sul trasferimento all’Arsenal: «Non volevo andare via dalla Francia ma poi avevo bisogno di una formazione perché ad Arles l’avevo avuta ma all’Arsenal era diverso: uno dei settori giovanili migliori d’Europa. Un’esperienza molto molto bella. Ad Arles dove vivo è un piccolo quartiere e non c’è niente: a Londra invece c’era tutto»

Bennacer
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Sull’arrivo in Italia all’Empoli: «Penso sia stata la scelta più pericolosa della mia carriera ma comunque sono un giocatore a cui piace rischiare, anche sul campo, e poi volevo giocare, volevo far vedere le mie qualità a tutti. L’Empoli era l’unica squadra che mi ha voluto così fortemente. Una decisione dura ma quando hai la fiducia di lavorare bene e ci metti pazienza, alla fine vieni ripagato: e penso di essere stato ricompensato alla fine»

Sulla chiamata del Milan: «Quando il Milan mi ha chiamato, non ci ho pensato troppo. Sapevo che loro mi volevano tanto. Penso che il Milan fosse la squadra perfetta per me per lavorare bene. Il talento è qualcosa che puoi avere ma è il lavoro che ti fa diventare la persona e il giocatore che vuoi essere. Qualche volta quando sono sul campo di allenamento mi guardo il logo sul petto e mi dico: ‘Ma io gioco per il Milan’. Poi penso a dov’ero, da a dove vengo: e quando pensi a queste cose vuoi fare sempre di più»

Sulla vittoria dello scudetto: «Fino al Sassuolo ero normale ma poi quando lo abbiamo vinto è stata un’altra cosa: era incredibile da vivere con i tifosi. Ero molto contento per loro e di avergli fatto questo regalo, di aver scritto la storia per questa società. Ho festeggiato tantissimo»

Sull’esperienza a Milano: «Ho imparato tanto nel mio lavoro ma anche nella mia vita qui. Sono cresciuto tantissimo nella città. Ora che ho figli, penso di fare tutto per loro come hanno fatto i miei genitori con me: di stare con loro, di spiegargli le cose per avere la mentalità giusta di non lasciare mai quello che vogliono. Sono molto contento qui in Italia e a Milano: nessuno mi dice niente e tutti mi capiscono, questo è molto importante per me perché la mia vita dipende dalla mia religione. La gente quando capisce questo, vuol dire che ho fatto un bel passo: qui sono molto bravi. Io provo a plasmare la mia vita attorno alla mia religione, non il contrario. E’ duro svegliarsi durante la notte per pregare ma lo facciamo per un obiettivo, non solo così»

Sull’Algeria: «Una scelta che ho fatto molto giovane, non volevo aspettare e volevo giocare per uno di questi due paesi: Marocco di mio padre o Algeria di mia madre. Il cuore è per tutti e due. Ho imparato a conoscere di più l’Algeria, un paese molto particolare: il calcio nel paese gestisce tanto problemi, quando va bene il paese è contento. Non avrò mai il rimorso per aver scelto l’Algeria, sono molto molto orgoglioso».

Sull’obiettivo individuale che vorrebbe raggiungere: «Personalmente il Pallone d’Oro: è la cosa più prestigiosa nel calcio. Mi metto questo obiettivo nella testa, così non avrò rimorsi: devo fare tutto per averlo e devo lavorare tantissimo. Vincerlo significherebbe tante cose: aver fatto bene con la tua squadra e con la nazionale»

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