Dichiarazioni
Milan, senti Sparv: “Algoritmi importanti, ma…”
Le parole del primo calciatore scelto grazie agli algoritmi
In un’intervista concessa alla Gazzetta dello Sport, Tim Sparv, ha parlato del sistema moneyball che riguarda molto da vicino il Milan e Cardinale. Ecco le sue parole in proposito:
Sparv, la chiave è il suo soprannome: “no-stats all-star”.
“Quando sono arrivato in Danimarca Ankersen mi ha preso da parte e mi ha svelato che aveva analizzato centinaia di dati sulle mie partite. Lui e il suo team conoscevano tutto: il numero di tackle stagionali, quante volte mi ero spinto in area di rigore, i tiri in porta. Avevo segnato un solo gol, ma spiccavo per altro”
È rimasto sei anni. I dati avevano ragione, quindi.
“Non fu un esperimento, ma una filosofia precisa. Matthew Benham, il proprietario, amava ripetere: se non possiamo competere a livello economico con i grandi club, allora dobbiamo scovare le pepite d’oro nascoste a modo nostro, attraverso le statistiche. Ha cambiato la storia del club. Nel 2015 abbiamo vinto il campionato per la prima volta, poi ci siamo ripetuti nel 2018 e nel 2020. Nel 2016, inoltre, abbiamo battuto il Manchester United in Europa League”
Come lavora l’area scout?
“Hanno una squadra di analisti e osservatori che si occupano solo di questo. Studiano quello che l’occhio comune non riesce a vedere. Qualcosa che va al di là dei gol, degli assist o del semplice dribbling. Ognuno di noi aveva un report personalizzato con una serie di dati individuali e di squadra. Mi hanno scoperto così, cambiandomi la vita”
Ma è possibile scoprire il nuovo Kylian Mbappè soltanto attraverso l’uso dei dati?
“Non credo. Il calcio è anche sentimenti, sensazioni, umori, giornate storte e altre fortunate. Il giocatore va osservato dal vivo, ma i dati aiutano e sono fondamentali per inquadrare il contesto completo. Prendo il mio caso: in Germania non avevo siglato neanche un assist, ma spiccavo in statistiche che magari altri club avevano sottovalutato. O forse neanche considerato”
Conta anche l’impatto emotivo di un calciatore.
“Certo. I dati aiutano a valutare cosa ti serve, magari in una fase preliminare, com’è stato con me. Oggi studio da allenatore e mi chiedo spesso: di cosa ho bisogno? Quanti giocatori sono in grado di fare quello che cerco? Faccio un esempio: mi serve un esterno che dribbla? Analizzo quante volte salta l’uomo, quante va sul fondo, quante si accentra, quanto calcia in porta, expected goals. Poi lo vado a vedere. Così ho il quadro completo”
Quindi è un rischio affidarsi soltanto alle statistiche?
“Non c’è una scienza esatta, ma ciò che è certo è che ormai bisogna avvalersi dei dati. Adattarsi ai tempi e cambiare approccio, mentalità. Il Milan, ad esempio, sta adottando la giusta strategia. Sono convinto che RedBird sia la proprietà ideale per valorizzare la storia di questo club”
Nel suo lavoro utilizza i dati?
“Ovviamente non sempre, ma sì. Sono fondamentali”